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Gesù bambino in una mangiatoia

Anche quest’anno pare che le vetrine e i negozi si siano “portati avanti” con gli addobbi e le idee regalo.

La neve artificiale scoppiata dai cannoni si contrappone drasticamente ai 25 °C esterni, che facevano ben sperare nel ritorno di un’estate troppo corta.

Ma cosa esattamente accade in queste settimane che precedono il Natale?

Una festività che coinvolge tutti, grandi e piccoli, credenti e agnostici, italiani e stranieri, …

Una festività in cui nascono iniziative di solidarietà, in cui si auspica tutto l’impegno possibile nei dialoghi per la pace, sia essa domestica che internazionale …

… insomma una festività in cui, come spesso si suole dire, siamo tutti più buoni.

Non volendo svalutare tutti questi aspetti che provengono dalle nostre sensibilità e che hanno realmente “del buono”, resta il fatto che essi non incidono minimamente sulla nostra situazione spirituale, quella che riguarda la parte più intima di noi, quella cioè che ha a che fare con l’anima.

Ed è così che la rilettura del senso del Natale va assottigliandosi via via con atti e parole che abbracciano sia nobili ideali che atti consumistici.

Ma quanto resta di quel bambino che nasce , come profugo, e che non rispecchia i canoni del vincente, che anzi sovverte le aspettative e che dichiarerà “Io sono la via , la Verità e la Vita”?

Quanto resta di quel bambino che parla di un Padre che ama ogni persona in modo individuale e che desidera avere una relazione personale con ognuno, e che, per ciò, non necessita di nessun altro filtro o mediatore se non quello della croce che, nel tempo della morte, ha “abitato” proprio quel bambino posto in una mangiatoia, in terra straniera?

Il Natale è il tempo in cui ricordiamo che il Dono ci è stato fatto, che l’Amore è divenuto carne e ha abitato in mezzo a noi, che ci ha indicato la Via da intraprendere, ci ha raccontato la Verità su noi stessi e sull’amore del Padre, donandoci la Vita.

Solo così è possibile capire che quel bambino che nasce a Natale è la sola chiave di accesso al Padre: nei nostri rapporti con Dio, cioè, non possiamo né guadagnare né meritare nulla. Ed è proprio l’ammissione della nostra indigenza spirituale che permette a Dio di raggiungerci in Verità e speranza, dandoci la certezza che il Dono ora appartiene a noi personalmente. Resta dunque una questione di scelta, personale e non procrastinabile.

Gesù bambino in una mangiatoia

Gesù, un nome come tanti al tempo, figlio di un carpentiere di Nazareth, nato in una stalla e praticamente sconosciuto fino ai trent’anni, inizia a predicare e in tre anni sconvolge il mondo. In bene o in male?

I suoi concittadini lo guardano con sospetto – Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?- molti rimangono stupiti dalla sua autorità e moltissimi cercano di farsi guarire.

Ma definirlo non è semplice perché se ascoltiamo bene le sue parole, ci mette davanti ad una scelta radicale: imbroglione o Figlio di Dio? Profeta ebreo o Messia, cioè colui che viene a salvare? L’attesa di un salvatore, una promessa che riguardava il popolo d’Israele, è diventata un evento dalle proporzioni mondiali. Il figlio del falegname afferma di essere morto e risorto per il mondo. Non solo morto (ed è anche difficile da dimostrare archeologicamente), ma anche risorto!!!

Unica porta, scala, via per arrivare a Dio; pane di vita, luce del mondo: certo non sono definizioni molto accomodanti, di compromesso.

Con Gesù le mezze dichiarazioni non funzionano.

Se è stato un uomo buono, un maestro di vita, ha detto cose molto scomode e radicali: Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà.

Se è stato un profeta come un altro, un guaritore itinerante: perché la sua memoria ci interroga ancora?

Perché i suoi seguaci hanno percorso il mondo con un annuncio chiamato la Buona Notizia?

Perché insistono a leggere e rileggere un libro antico come la Bibbia?

Certo non possiamo dimenticare l’impatto storico e politico del cristianesimo, che diventa religione di stato dell’Impero romano. Dobbiamo raccontare dei secoli che hanno visto la chiesa diventare sempre più forte e potente, capace di creare ed imporre la sua cultura religiosa. Dobbiamo parlare di chi ha tradito e tradisce il messaggio della Buona Notizia.

Eppure le parole del Cristo sopravvivono alla fine degli imperi e alle rivoluzioni, ai secoli intolleranti e al generale disinteresse del mondo moderno, arrivando fino a noi.

E Gesù di Nazareth ci domanda ancora oggi: E voi chi dite che io sia?