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E’ Pasqua, festa che ci “obbliga” a ricordare la resurrezione….del corpo.

E’ bene parlare di resurrezione perché, pur essendo l’annuncio fondamentale del cristianesimo, è ricordata pochissimo. È bene parlare di resurrezione del corpo perché nella chiesa sembra che stia prevalendo l’annuncio dell’anima che vive eternamente col Signore.

Lettura: I Corinzi 15,1-44

In questo capitolo, Paolo affronta la quarta ed ultima fra le questioni più importanti messe in discussione in quella chiesa: la resurrezione del corpo. Non è come per tanti altri argomenti che ha trattato, nel quale ha cercato di correggere i comportamenti etici di alcuni credenti di Corinto, ora c’è una questione dottrinale fondamentale per la quale si rischia di aver creduto invano (2b).

Qual è la questione?

I Corinzi non contestano tanto la possibilità di una vita dopo la morte – nella cultura pagana, in particolare in quella greca, era diffusa la credenza dell’immortalità dell’anima che dopo la morte della persona, finalmente libera dal peso del corpo corrotto, se ne torna libera nel regno dello Spirito – ma contestano la resurrezione del corpo (quella che avverrà al ritorno di Cristo). Per questo Paolo parte dalla morte e resurrezione di Cristo, senza la quale tutto l’annuncio cristiano risulterebbe inutile, per arrivare al cuore del problema: “Ma qualcuno dirà, come risuscitano i morti? E con quale corpo ritornano?” (v.35).

I credenti di Corinto, non contestano l’evangelo, non sono dei senza-fede, al contrario si ritengono cristiani spirituali, i più spirituali (come quelli che nella stessa chiesa si credono super-spirituali perché hanno il dono delle lingue), il vero problema è che essi si credono tanto spirituali da ritenere la resurrezione del corpo cosa così misera, umana, carnale e bassa da rifiutarla. Per loro, ciò che conta è lo spirito, esso è la parte nobile che assomiglia alla natura di Dio e ha per sua natura la vita eterna. Il corpo invece, con le sue passioni peccaminose è quasi una disgrazia, come una zavorra da abbandonare il prima possibile. Vuoi mettere la bellezza della vita dello spirito che nei cieli gode la libertà alla presenza di Dio, invece di tornare nuovamente col fardello del corpo in una creazione simile all’attuale? per carità!

La risposta di Paolo

Paolo, per rispondere all’incredulità della resurrezione del corpo, parte dal cuore della dottrina cristiana (vv1-11): la morte e resurrezione di Cristo. E’ mediante la potenza con cui Cristo è stato resuscitato che Dio resusciterà anche noi. La resurrezione di Cristo non è solamente uno degli articoli della fede, uno dei tanti, ma è quello fondamentale, l’articolo in virtù del quale la Chiesa sta in piedi o cade, esiste o sparisce. Se non c’è resurrezione dai morti “nemmeno Cristo sarebbe risorto” dalla tomba, e l’annuncio della resurrezione sarebbe falso; invece è proprio perché il Signore si è presentato ai discepoli corporalmente vivente, facendo vedere e toccare i segni della crocifissione che si è formato il primo nucleo di credenti (Giovanni 20,19). Pasqua è la proclamazione della vittoria di Dio sulla morte, la pienezza della vita, spirito e corpo.

Resurrezione: la trasformazione del corpo

Dio ama i nostri corpi materiali, essi vanno tenuti in grande onore perché sono il tempio dello Spirito Santo. Alla domanda: “come resuscitano i morti…con quale corpo ritornano?” Paolo risponde in maniera indispettita (v.36) Insensato! Sei insensato, la resurrezione del corpo non è una regressione, basterebbe avere un po’ di senno per capire che ciò che alla resurrezione rinascerà sarà qualcosa di diverso da quello che è stato piantato. Quando Dio resusciterà i corpi, questi non saranno uguali a come li abbiamo sepolti, perché resurrezione significa trasformazione, glorificazione del corpo. Sotterri un corpo corruttibile e risorge incorruttibile. E’ già una sorpresa osservare ciò che accade in natura, anche se è solo una similitudine: si pianta un piccolo seme, lo si copre con la terra, nulla sembra muoversi – come un morto – poi improvvisamente ecco spuntare vigorosamente i primi fili d’erba, forti da rompere l’asfalto, poi appaiono la pianta e il frutto. C’è da rimanerne stupiti. Questa è la meraviglia descritta nei vv 42-44 “Il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita spirituale”. Paolo aiuta i Corinzi a vedere la resurrezione dei morti come qualcosa di straordinario, bello, attraente, e non come loro pensano, una paurosa regressione allo stato di corruzione materiale precedente.

La resurrezione dei morti è costitutiva dell’evangelo (vv 1-11)

La formula iniziale del capitolo 15 (vv 1-3) in cui Paolo ricorda di aver ricevuto l’evangelo che lui stesso proclama, è molto importante perché ci permette di conoscere quale fosse la predicazione della chiesa pochissimi anni dopo la morte di Gesù. Paolo si richiama a questa confessione fondamentale, per precisare che la resurrezione dei morti non è una vaga intuizione che può essere anche sostituita o trascurata: al contrario, è il concetto che sta alla base della “buona notizia” a cui i credenti sono ancorati. La resurrezione di Gesù, le sue apparizioni a una lunga lista di testimoni, sono al centro dell’evangelo; senza questa verità la Chiesa non esisterebbe perché non ci sarebbe nessuna buona notizia.

Spirituale non significa “incorporeo”

Un versetto al quale dobbiamo porre attenzione è il 44: “E’ seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale”. Questo verso non deve essere capito come se alla resurrezione il corpo “naturale” che “seminiamo”, risuscita “spirituale”, intendendo “spirito disincarnato”. Con “spirituale” Paolo indica il rinnovamento e trasformazione della materia, da corpo “naturale” – la nostra attuale “carne” – a corpo “glorificato” come quello di Cristo risorto, concreto, materiale. Infatti Cristo per convincere i discepoli che non era un fantasma è stato costretto a chiedere del cibo e mangiarlo. C’è continuità tra Gesù morto e quello risorto, come testimoniano i segni dei chiodi. Il Gesù risorto non prende il posto del Gesù morto, che sarebbe rimasto nella tomba. Il fatto che Maria Maddalena e i due discepoli di Emmaus non lo riconoscano subito, non è perché sia un altro Gesù, ma ciò testimonia come la nostra umanità abbia difficoltà a discernere la realtà risorta e glorificata.

La resurrezione è dunque una “trasformazione” di corpi: “Tutti saremo trasformati” (v 51); “il mortale rivestirà immortalità”; “Cristo stesso trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria” (Filippesi 3,21). Non aspettiamo, quindi, di essere spogliati del corpo per vivere puri spiriti, ma di essere “sopravvestiti del corpo” come il Signore lo ha davvero creato.

Come Cristo è stato resuscitato, così lo saranno coloro che gli appartengono (vv. 20-28)

Al v. 20 – al di là di tutte le ipotesi – Paolo taglia corto, annuncia la realtà: “Ma ora Cristo è stato resuscitato dai morti…..”, una dichiarazione di trionfo, ma la frase ha una aggiunta fondamentale: “…primizia di quelli che sono morti”. La resurrezione di Gesù non è solamente un evento straordinario, la resurrezione non riguarda solamente lui, ma è piuttosto l’inizio di una storia molto più importante che riguarda tutti noi. Questa è la parte fondamentale che i Corinzi non avevano capito, non avevano compreso il collegamento diretto che c’è fra la resurrezione di Cristo e il loro personale destino futuro. Con l’uso della parola “primizia” Paolo afferma che c’è un ordine nella resurrezione: prima Cristo, dopo quelli che gli appartengono.

Se non c’è resurrezione (vv 29-34)

Paolo ipotizza cosa potrebbe accadere in un mondo in cui non ci fosse resurrezione: “Se i morti non resuscitano, mangiamo e beviamo, perché domani morremo”, ma poi ammonisce: “Non vi ingannate: “la cattive compagnie corrompono i buoni costumi”, perché Paolo pensa che l’abbandono da parte dei Corinzi della fede nella resurrezione li abbia condotti a vivere disordinatamente (32b-34). Il rimprovero riguarda anche il fatto che invece di essere i credenti a influenzare la cultura e la società pagana, sono loro che si adeguano ai canoni filosofici e culturali del tempo. A costoro Paolo dice: “Ridiventate sobri per davvero, svegliatevi, non peccate” (v34a), conducete una vita che rifletta la trasformazione alla quale siete chiamati.

Gesù è il nuovo Adamo

Parlare di trasformazione significa che la resurrezione non è semplicemente il prolungamento della vita terrena, ma l’inizio di una vita diversa. Resuscitare non vuol dire ripristinare il vecchio (come con Lazzaro) ma essere glorificati come Cristo. La resurrezione non è sopravvivenza di “cose vecchie”, ma inizio di “cose nuove”. La resurrezione di Gesù può dunque essere considerata come l’atto inaugurale di una “nuova Genesi” alla quale siamo destinati e che Paolo spiega (v 45) con il parallelismo tra due tipologie di uomini: da Adamo a Cristo: “Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente (noi oggi) l’ultimo Adamo, Cristo, è spirito vivificante” (come saremo).

La resurrezione avverrà alla fine

Infine, queste parole “primo”, “ultimo”, insegnano che c’è un ordine nelle cose, correggendo un altro errore delliper spiritualità dei Corinzi, i quali credevano di aver superato le angustie della vita e essere già ora “spiritualmente” e “definitivamente” risorti con Cristo. Paolo raffredda gli entusiasmi affermando che il corpo glorificato viene alla fine; nell’attualità, sia i morti che noi viventi siamo tutti in attesa della resurrezione. Ecco – scrive Paolo vv 51,52: “vi dico – vi rivelo – un mistero; non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba, perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati”; non solo noi però, ma tutta la creazione aspetta il rinnovamento e non la distruzione. La chiesa ha un messaggio di speranza per la società, Dio ama il mondo ed è all’opera, non per distruggerlo o abbandonarlo ma per rinnovarlo.

Il pericolo dell’inquinamento della fede

Il pericolo di inquinamento della fede da parte delle ideologie culturali del tempo non è finito con la chiesa di Corinto, è presente anche oggi. Il capitolo 15 di 1 Corinzi dovrebbe farci riflettere sull’equilibrio che deve avere l’annuncio che facciamo ai funerali: è una grande consolazione il fatto che l’anima del defunto sia col Signore, ma questa non è la mèta finale, né il cuore dell’annuncio cristiano: l’evangelo annuncia l’attesa della venuta del Regno di Dio con la resurrezione dei corpi. Dobbiamo fare attenzione a cosa predichiamo per il dopo morte, ma soprattutto a cosa dimentichiamo lasciando intendere cose diverse dalla verità.

Disconoscere l’importanza della resurrezione dei corpi è un pericolo che corriamo; la riprova è che molto raramente ne parliamo. Ne parliamo poco non per dimenticanza ma perché l’antica filosofia greca di un ideale spirituale che si contrappone al materiale si fa ancora sentire; oppure perché in una società basata sulla scienza come la nostra, è possibile vergognarsi preferendo “demitizzare” la risurrezione, insegnando che è un’allegoria delle possibilità umane per il miglioramento materiale e civile della società. Ma questo significa far decadere la sfida che il cristianesimo lancia alla realtà presente, con l’annuncio della redenzione della creazione e la resurrezione dei corpi. Cosa vogliamo testimoniare: un ideale filosofico o la resurrezione dei corpi? Un miglioramento o la redenzione della creazione?

La resurrezione dei corpi è la vittoria di Dio sulla manifestazione più drammatica del male: la morte. Dobbiamo avere il coraggio di testimoniarla perché non si basa sul pio desiderio di vita comune a tutti gli esseri umani, ma si fonda sul fatto storico che Cristo è risorto; lui è la primizia: com’è accaduto, accadrà! “La morte è stata sommersa nella vittoria”. “O morte dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo dardo?”.

Roberto Pecchioli

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